Avendo vissuto da adulto quattro sconfitte elettorali democratiche particolarmente cocenti (1980, 2000, 2016 e 2024), posso dirvi due cose. Uno: la critica di base è stata sempre la stessa. Due: i Democratici, essendo (per lo più) liberali, tendono a pensare troppo e ad analizzare troppo le cose. I partiti perdono le elezioni per centinaia di ragioni, e sì, vale la pena di riflettere su tutte.
Ma mi colpisce che in queste sconfitte schiaccianti che si sono verificate nel corso di 44 anniil nucleo della critica è sempre stato lo stesso: il partito ha perso il contatto con gli elettori della classe operaia. La critica ha assunto forme leggermente diverse nel corso degli anni – in particolare, il 1980 è un po’ diverso dagli altri casi più moderni, perché era precedente alla polarizzazione e i Democratici erano ancora teoricamente competitivi in una serie di Stati che oggi sono profondamente rossi. Ma la sua essenza è sempre stata la stessa, ed è valida e corretta.
Questo ci porta a una domanda. Se siamo d’accordo sul fatto che i Democratici hanno perso ripetutamente le elezioni perché non parlano in modo abbastanza diretto alle preoccupazioni economiche degli elettori della classe operaia, allora perché continuano a commettere lo stesso errore?
Prima di esplorare le risposte, è importante notare che i Democratici non sempre commettere questo errore. Bill Clinton si è presentato come centrista su alcune questioni di alto profilo, ma ha anche fatto campagna elettorale con il famoso mantra carvilliano sull’economia e, una volta entrato in carica, ha approvato una legge di stimolo che aumentava le tasse sui ricchi e aumentava la tassa sul gas (questo, ahimè, oggi sarebbe una pessima politica, ma all’epoca dimostrava un certo coraggio). Barack Obama ha vinto, a mio avviso, non principalmente per la speranza e il cambiamento, ma perché dopo il crollo finanziario del settembre 2008 ha reagito in modo più responsabile di John McCain e ha convinto gli elettori di essere meglio attrezzato per gestire la crisi. Poi ha condotto una campagna di rielezione molto incentrata sull’economia. Infine, nel 2020, Joe Biden ha abbracciato un programma rispettabilmente populista e ha annunciato la sua intenzione di cambiare i presupposti economici del Paese.
Al contrario, Al Gore nel 2000 ha condotto una campagna economicamente cauta. Il suo discorso alla convention era piuttosto populista, ma tra la convention e l’elezione lo ha nascosto. Hillary Clinton ha promosso alcune idee populiste, come la tassa sul trasferimento delle azioni, ma si è attenuta soprattutto al suo istinto di cautela. D’altronde, il suo team era convinto che non avrebbe perso, quindi non c’era bisogno di fare qualcosa di audace per accaparrarsi quegli ultimi due milioni di voti.