Tl rischio è sempre quello di esagerare. Abbiamo già visto il Manchester City avere un calo in questa fase della stagione. Ma comunque, sconfitta contro il Brighton sabato significa che, per la prima volta nella sua carriera di manager, Pep Guardiola ha perso quattro partite consecutive. Sarebbe estremamente prematuro affermare che l’impero si sta sgretolando ma, allo stesso modo, per la prima volta dopo tanto tempo si ha la sensazione che l’aura del City stia iniziando a scemare.
Ma prima, un po’ di contesto. Una sconfitta è arrivata in Carabao Cup e un’altra in Champions League, dove il City si trova al 10° posto in classificaAnche se non riusciranno a raggiungere le prime otto classificate, che accedono automaticamente agli ottavi di finale – il prossimo appuntamento è con il Feyenoord (in casa), la Juventus e il Paris Saint-Germain (in trasferta) e il Club Brugge (in casa) – sicuramente saranno almeno ai play-off. Ma due delle recenti sconfitte sono state subite in Premier League, in trasferta a Bournemouth e poi a Brighton, e di conseguenza il City si trova a cinque punti dal Liverpool.
Non è insolito che il City abbia una leggera flessione in questa fase della stagione. A Guardiola piace che le sue squadre raggiungano l’apice a marzo e aprile, quando si giocano le partite più importanti in Europa, ed è per questo che il modello caratteristico dei successi del City è quello di accendere i fuochi in primavera e di superare un avversario o di staccarsi dal gruppo. Questo significa che a volte non sono al meglio in autunno, e forse ora c’è anche la sensazione che Guardiola stia lavorando su come impiegare al meglio le sue risorse, sviluppando le sue modifiche e innovazioni per la stagione.
Proprio a questo punto della scorsa stagione è arrivato un periodo difficile, una serie di sei partite di Premier League in cui l’unica vittoria è stata un poco convincente 2-1 a Luton. Dopo l’ultima partita di quel periodo, un pareggio per 2-2 a Crystal Palace, il City aveva 34 punti in 17 partite. In questa stagione ha 23 punti in 11 partite. Il che significa che è molto probabile che a metà della stagione di Premier League, 19 partite, il City abbia più o meno i 40 punti dell’anno scorso. Forse il Liverpool di Arne Slot, che con la vittoria di sabato per 2-0 sull’Aston Villa si è portato a cinque punti di distanza, è un avversario più temibile di quanto non lo fosse l’Arsenal di Mikel Arteta – la visita del City ad Anfield il 1° dicembre dovrebbe dare un’indicazione più chiara – ma in termini di numeri non c’è motivo per il City di farsi prendere dal panico.
E nemmeno le prestazioni sono state terribili. Il City ha avuto la meglio nel primo tempo contro lo Sporting e il Brighton e avrebbe potuto tranquillamente essere in vantaggio di un paio di gol all’intervallo. In un’altra giornata, i loro tardivi slanci contro Bournemouth e Tottenham avrebbero portato al pareggio. Ma il punto è che improvvisamente sembrano vulnerabili.
Guardiola è in giro da abbastanza tempo che i difetti delle sue squadre sono diventati familiari. Predilige una linea alta, il che significa che se il pressing va male le sue squadre possono spesso essere annullate da semplici palleggi alle spalle della linea difensiva. Per questo motivo si concentra molto sul controllo e sul non regalare la palla in situazioni che potrebbero portare a un contropiede. E il pressing in questo momento, forse soprattutto a causa dell’assenza di Rodri, non funziona alla perfezione. Gli infortuni non dovrebbero mai essere una scusa – le squadre migliori non si soffermano sulle assenze ma trovano il modo di gestirle – ma forse è una spiegazione. Gli infortuni, più in generale, hanno chiaramente giocato un ruolo importante. Kevin De Bruyne è appena rientrato, mancano Rúben Dias e John Stones dietro e l’assenza di Jack Grealish, Jérémy Doku e Oscar Bobb ha ridotto la creatività.
Quando le cose vanno male, le squadre di Guardiola tendono a subire gol all’improvviso, come se il modo in cui i giocatori sono costretti a sottomettersi alle esigenze del sistema non permettesse a nessuno di avere la personalità necessaria per intervenire e prendere in mano la partita quando il sistema è minacciato. Contro lo Sporting sono stati subiti due gol in tre minuti, contro il Brighton due in cinque. Rodri, come Vincent Kompany prima di lui, era forse il leader sufficiente per evitare che i meccanismi si inceppassero; anche sotto questo aspetto si sente la sua mancanza.
Ma questa squadra sta lottando anche in modi sconosciuti. Kyle Walker, il cui ritmo è stato un punto di forza nella sua carriera, sembra improvvisamente, se non lento, almeno non più quello che era. Potrebbe trattarsi di un problema di forma fisica, ma anche del fatto che, a 34 anni, l’età comincia a farsi sentire. E poi c’è la questione più generale della stanchezza, di cui Guardiola ha iniziato a parlare apertamente. Quasi tutti i giocatori d’élite giocano troppoma forse la sentono di più quando hanno già ottenuto molto. Mantenere la fame è una delle grandi sfide per i manager di successo. E chissà quale impatto le accuse della Premier League contro il City hanno avuto?
Cinque anni fa, in questa fase, un filotto di due vittorie in sette partite aveva fatto presagire che il City avrebbe ceduto il titolo al Liverpool, ma quella è l’unica volta in cui Guardiola non ha trovato il modo di rimontare. Potrebbe riuscirci di nuovo, ma trascinare il City da qui potrebbe essere la sua sfida più grande.
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Questo è un estratto di Soccer with Jonathan Wilson, una rubrica settimanale del Guardian US dedicata al gioco in Europa e non solo. Abbonati gratuitamente qui. Hai una domanda per Jonathan? Invia un’e-mail soccerwithjw@theguardian.come risponderà al meglio in una prossima edizione.